Con i pazienti al di sotto del 12° anno di età, salvo particolari condizioni, si agisce in modo “indiretto”, ovvero lavorando esclusivamente con i genitori. In questo modo si evita al bambino qualsiasi forma di “etichettamento”; inoltre, fornendo ai genitori le indicazioni necessarie per intervenire sul problema questi diventano i “veri esperti” al quale il figlio potrà affidarsi anche in futuro in caso di bisogno, poichè verranno percepiti come persone capaci e affidabili.
Possono venire affrontati diversi tipi di problemi tipici dell’infanzia come le fobie, l’enuresi, l’encopresi, i tic, l’iperattività…
Solitamente sono necessarie due, massimo tre sedute. Viene chiesto al paziente di fissare il primo appuntamento circa 15-20 giorni prima della data di partenza. In quel lasso di tempo verranno svolte le sedute in cui si forniranno al paziente le strategie per quel tipo di fobia.
Essendo uno psicologo-psicoterapeuta non posso prescrivere farmaci.
Il nostro Codice Deontologico afferma che: “agli psicoterapeuti non medici è vietato ogni intervento di competenza esclusiva della professione medica” (legge 56/89 art 3.2), e dunque uno psicologo-psicoterapeuta non può in nessun caso prescrivere farmaci.
Nel caso in cui, come spesso accade, la persona che si rivolge ad uno psicoterapeuta assume già psicofarmaci (ansiolitici, antidepressivi…) si procede con la terapia e a miglioramento avvenuto, in collaborazione col medico che glieli ha prescritti, si procede alla riduzione graduale nel tempo del farmaco fino alla sua estinzione, dato che a quel punto non sarà più necessario poichè la persona avrà risolto il problema avendo a quel punto acquisito altri strumenti per gestirlo.
Come indicato dal Codice Deontologico degli Psicologi:
Lo Psicologo è un professionista laureato in Psicologia e abilitato alla professione in seguito al superamento dell’Esame di Stato e per esercitare la professione lo Psicologo deve essere iscritto regolarmente all’ Albo degli Psicologi
La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità.
In presenza di una sofferenza psicologica significativa, lo Psicologo, identificando la natura della problematica presentata, deve valutare la necessità di un trattamento terapeutico che è però di competenza esclusiva dello Psicoterapeuta.
Lo Psicoterapeuta è un professionista laureato in Psicologia o Medicina e Chirurgia che abbia acquisito post lauream anche una specifica formazione teorica e pratica, almeno quadriennale, presso scuole di specializzazione universitarie o riconosciute dal MIUR secondo la normativa vigente.
Più in generale potremmo dire che l’obiettivo di una psicoterapia è la cura e il cambiamento di modalità percettive, emotive, cognitive, relazionali e comportamentali che danno origine a una sofferenza più o meno intensa, compromettendo il perseguimento degli obiettivi importanti per il soggetto.
Lo psichiatra, è un professionista laureato in Medicina e Chirurgia, specialista post lauream in Psichiatria, che interviene sulla malattia mentale diagnosticando e curando l’eventuale disfunzione o scompenso a livello organico, utilizzando, quando necessario, anche un trattamento farmacologico per ristabilire l’eventuale scompenso chimico.
Certo, il 20% è detraibile come spesa medico-sanitaria.
Inoltre, ci possono essere rimborsi o detrazioni maggiori se la persona ha delle convenzioni attive a livello di Welfare aziendale o sanitario.
Vedere alla sezione “convenzioni” del mio sito per vedere quali fanno parte della mia lista.
Le prime 4 sedute di solito avvengono ogni 15 giorni, poi si allungano gradatamente i tempi tra un appuntamento e l’altro. Questo poichè nelle prime tre sedute avviene già lo ”sblocco” del problema o della sintomatologia; cioè avvengono significativi miglioramenti della situazione presentata. Le successive sedute hanno lo scopo di consolidare i risultati ottenuti ed evitare il ricadere nell’omeostasi patogena precedente, creare una nuova e più funzionale modalità di percezione e reazione nei confronti di se stessi, degli altri e del mondo.
Certamente. È un disturbo molto frequente soprattutto in questi ultimi anni e anche se è molto invalidante può essere affrontato e risolto in tempi brevi, grazie all’uso di tecniche e di strategie in grado di cortocircuitare i meccanismi mentali e sensoriali che creano il problema mandando in tilt la persona.
Specie in casi come questo, dove il sintomo è fortemente invalidante, solo i discorsi sui significati non sono sufficienti, quindi diventa indispensabile l’uso di “strategie concrete” che siano in grado di scardinare il sintomo e risolvere definitivamente il problema.